Il vetro entra ogni giorno nelle nostre case. Conosciamo la differenza tra il vetro di una comune bottiglia e quello delle lenti degli occhiali? Grazie alle sue caratteristiche il vetro è: igienico, trasparente, impermeabile, resistente alla corrosione e… COMPLETAMENTE RICICLABILE! Il vetro è un materiale noto fin dall’antichità: Fenici ed Egizi ne furono i primi produttori. Il vetro è una sostanza liquida sottoraffredata, che per la sua elevata viscosità acquista la rigidità tipica dei solidi. I vetri, però, al contrario degli altri solidi, non hanno una struttura cristallina ben definita per cui la massa vetrosa amorfa non ha un preciso punto di fusione quando viene riscaldata.
Il vetro è un materiale omogeneo e compatto, impermeabile, resistente agli attacchi della maggior parte delle sostanze chimiche, duro, fragile, elettricamente isolante. Esso è un materiale facilmente modellabile con una sorgente di calore adeguata e con il quale è possibile produrre oggetti di uso comune come finestre, bottiglie, bicchieri, piatti o oggetti artistici come vetrate, mosaici e sculture. I vetri comuni sono costituiti dal 75% di silice, dal 15% circa da ossido di sodio e dal 10% di ossido di calcio. Allo stato fuso il vetro può essere modellato secondo metodi differenti.Il collaggio è un procedimento di origini antichissime e prevede che il vetro fuso venga versato in uno stampo e lasciato solidificare e raffreddare.
La soffiatura consiste nella possibilità di soffiare il vetro per conferirgli la forma desiderata: essa fu scoperta sul finire del I secolo a.C. in Medio Oriente e in particolare lungo la costa Fenicia. La tecnica conobbe rapida diffusione e rappresentò fino al XIX secolo il metodo più comune per la produzione di recipienti, ma si usa ancora per produrre pezzi pregiati o di forma che non consenta ancora la pressatura. Utilizzando un tubo di ferro detto "canna", di dimensioni varie secondo la necessità, l’artigiano preleva dal forno a crogiolo la quantità di vetro fuso sufficiente alla formatura. Poiché il materiale è allo stato pastoso, la porzione prelevata assume l’aspetto di una grossolana goccia, chiamata in vario modo secondo l’uso locale: bolo, pera, o, con termine francese ma usato anche in Italia, paraison.
Il bolo appena tolto dalla padella è troppo fluido e tende a colare, per cui viene parzialmente raffreddato facendolo rotolare su una piastra metallica, con la canna in posizione orizzontale: questa operazione serve anche a regolarizzare la superficie del bolo, facendogli assumere una forma pressappoco cilindrica. A questo punto il soffiatore pone la canna in posizione verticale e comincia a insufflare aria dentro il bolo, che gradualmente si gonfia, mentre le pareti dell’oggetto in formazione si assottigliano. L’abilità del soffiatore consiste principalmente nel fare coincidere il momento in cui il vetro si solidifica con quello in cui ha insufflato tutta l’aria necessaria a far assumere all’oggetto le dimensioni volute. Per ottenere la forma desiderata è spesso necessario procedere in più tempi, riscaldando fino al punto di plasticità solo la parte dell’oggetto che deve essere ulteriormente allargata.
Tipi di vetro
Il vetro si prepara per fusione di miscele di silice (come quarzo o sabbia) e di carbonati metallici (di sodio, di potassio, etc.). Dalla reazione si formano silicati metallici (generalmente, contenenti un eccesso di silice), i quali costituiscono il vetro.
Tra le sue varietà vi sono: il vetro comune, che risulta sempre più o meno verdastro, perché contiene tracce di impurità ferrose; il cristallo, incolore, il cui elevato indice di rifrazione nelle sfaccettature dà luogo a raggi rifratti di vari colori (vedi il brillante); i vetri per termometri, apparecchi chimici e ottici, con basso coefficiente di dilatazione, resistenti al fuoco (pirofili); i vetri di quarzo, usati per lampade a raggi ultravioletti e a vapori di mercurio; etc. Per ottenere vetri colorati si aggiungono piccole quantità di ossidi metallici. La fusione avviene in crogiuoli di allumina molto resistenti al calore, scaldati in forni elettrici.
Il vetro nella preistoria
Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, narra di naviganti Fenici che trasportavano soda naturale greggia in zolle; sbarcati una sera su una spiaggia sabbiosa, in mancanza di pietre essi impiegarono le zolle di soda per costruire focolari e cuocervi la cena. Accesi i fuochi, constatarono che tra le zolle si formava, con la sabbia silicea e la soda, una massa pastosa. Così, secondo Plinio, sarebbe nato il vetro. Il racconto è suggestivo, ma è certamente una leggenda perché, per poter fondere il vetro, occorre una temperatura ben superiore a quella che si può ottenere in focolari primitivi. Più probabilmente il vetro si ottenne come scoria della fusione dei metalli. L’uomo dell’era preistorica conobbe certamente il vetro come prodotto naturale, sotto forma, ad esempio, di lava solidificata e di ossidiana, simile al vetro nero da bottiglie, che si trova in molte zone vulcaniche della Terra: molti oggetti degli uomini primitivi furono ricavati, appunto, dall’ossidiana.
L’arte vetraria nell’antichità
E’ certo, comunque, che i più antichi oggetti di vetro vennero fabbricati nella Fenicia e nell’Egitto dove ebbero un grande sviluppo. In Egitto l’arte vetraria nacque nella 17a dinastia e fu perfetta. C’erano vetrerie che lavoravano materie prime locali note ai sacerdoti: era usata la tecnica della colatura negli stampi come quella dell’immersione di oggetti di terracotta. Quest’arte non si diffuse in Grecia perché per utilizzarla ci volevano lusinghe per gli artigiani. Ma fu nel periodo ellenistico che la produzione aumentò, con le formelle di terracotta; nel frattempo ad Alessandria nacque la tecnica di intagliare, a scopo decorativo, la superficie dell’oggetto in vetro. Anche in Italia si diffuse il vetro, soprattutto ai tempi di Nerone.
Bisanzio portò la tecnica vetraria ad un alto grado di sviluppo e conquistò il mercato vetrario mondiale dominando per circa 500 anni; qui fu inventato il sistema di sovrapporre due strati di vetro di cui quello sottostante era ricoperto da un foglio d’oro, che traspariva in superficie. In Epoca Carolingia il vetro trovò impiego nelle finestre sotto forma di vetrata o come decorazione. Tra i più importanti cantieri vetrari c’era quello dell’abbazia di Cluny, uno dei primi esempi di architettura gotica francese.
Caduta Bisanzio, l’industria e l’arte del vetro continuarono a Venezia ; nel 1291, però, le vetrerie furono trasferite a Murano per timore di incendi. Questi prodotti acquistarono importanza mondiale grazie ad artisti considerati i migliori nel mondo. Tra i loro prodotti c’erano: vetri soffiati, vetri a reticello, vetri a ghiaccio, candelieri in cristallo, etc. Anche i lampadari in vetro acquistarono enorme importanza perché illuminavano grandi saloni patrizi. La produzione di Murano però ebbe termine con la fine della Repubblica Veneta. Da allora furono la Russia, con i vetri per icone, la Francia, con il Re Sole e la Cina, con creazioni di vasetti di colore verde chiaro, ad assumere il dominio del mercato vetrario.
Il Cristallo
Gli specchi di vetro hanno forse avuto la loro origine a Murano, ma già dal XVI secolo due ditte tedesche contribuivano alla loro diffusione in molte parti del mondo grazie alla loro produzione di stagno e piombo. Parallelamente a quella tedesca nacque l’industria vetraria boema che poté produrre vetri di maggior limpidezza, talvolta superiori a quelli veneziani. Così Murano si adeguò alle lavorazioni dei concorrenti, come l’intaglio della ruota, ma anche altre nazioni lo fecero. In Inghilterra i nventarono i vetri per finestre e il vetro a piombo; in Francia adottarono lo stesso sistema grazie a una società che divenne poi la Saint Gobain.
La tecnologia moderna
La lavorazione meccanica caratterizza il periodo attuale della storia del vetro. Macchine per stampare bottiglie di ogni tipo apparvero prima in America, poi si diffusero ben presto nel mondo. Altre macchine fabbricavano bicchieri, lampadine, flaconi, vasi, etc. I vetri da finestra, prima colati, pressati e stirati su tavole fisse, furono preparati da speciali apparecchiature che producevano un nastro continuo di vetro.
Questo procedimento causava però imperfezioni nelle lastre, ad esempio uno spessore non sempre uniforme, il che richiedeva successive operazioni dilevigatura e lucidatura. Oggi, invece, il nastro di vetro liquido viene fatto galleggiare su una massa di stagno fuso, ove si distribuisce uniformemente. Il sistema consente a una sola macchina di colare 500 metri all’ora di lastra, dello spessore da 3 a 6 mm. Il vetro d’arte, invece, è sempre lavorato a mano a Murano, in Boemia, etc., mentre vetri speciali per ottica, per alte temperature, per laboratorio sono prodotti da industrie specializzate che ne migliorano qualità e prestazioni.
Il vetro però non ha ancora svelato tutte le sue possibilità: alcune delle scoperte più recenti stanno completamente rivoluzionando i concetti tradizionali. Per esempio, si sono studiati procedimenti di tempera e ipertempera a basse temperature, mediante i quali si può rendere il vetro flessibile e resistente. Alcuni vetri speciali, poi, cambiano colore e trasparenza se colpiti da luce o altre radiazioni, trovando applicazione, per esempio, negli occhiali da sole.